Metodologia

Epidemiologia psichiatrica

I metodi moderni dell’epidemiologia psichiatrica sono stati sviluppati e definiti negli anni ‘70 e ‘80. L’epidemiologia psichiatrica descrive come la malattia mentale è distribuita nella popolazione, ma può anche rilevare le cause ed indicare i possibili trattamenti. Come Lee Robbins, una pioniera dell’epidemiologia psichiatrica, ha affermato: “L’epidemiologo tenta di scoprire quale porzione della popolazione ha il rischio maggiore di sviluppare una psicopatologia, quale guarisce velocemente se si ammala e quale è più predisposta a recidiva dopo una temporanea remissione. Rilevando chi è ad alto rischio, l’epidemiologo ottiene degli indizi per le possibili cause dell’occorrenza del disturbo psichiatrico” [Archivio di psichiatria generale, giugno 1978].

L’epidemiologia psichiatrica moderna avanza i suoi obiettivi sviluppando strumenti di misurazione che possano rilevare accuratamente la patologia psichiatrica nella popolazione generale per la prima volta. È avvenuto inoltre un cambiamento dagli studi sui pazienti psichiatrici a quelli sulla malattia mentale nelle comunità locali, creando una rivoluzione nella comprensione della frequenza di specifici tipi di patologie mentali, così come nell’identificazione di quei fattori di rischio e di resilienza associati ai disturbi psichiatrici.

Gli studi epidemiologici relativi alla salute mentale nei disastri naturali in Italia (Chierzi, Toniolo et al., 2014; Minerva Psichiatrica, 55:91-103) hanno rilevato i maggiori disturbi mentali associati alle catastrofi moderne nel contesto italiano. Questi studi, insieme alla considerevole ricerca internazionale, rilevano che, dai sei ai venti mesi dopo il terremoto, la percentuale di coloro che soffrono di severe patologie mentali negli adulti è del 25%, e nei bambini del 15%.

Questi dati mostrano che nel momento in cui il disastro perde l’attenzione dei media, si sviluppa maggiormente la patologia mentale nei sopravvissuti e che questa può raggiungere importanti gradi di severità. Basandosi su questo lavoro scientifico, è esattamente in questo momento che il lavoro di INTC prende piede nel contesto locale, così da fornire una cura culturale efficace per la salute mentale a tutti i sopravvissuti. Sfortunatamente, le basi politiche e sociali, la non conoscenza e l’incuria, ancora emarginano la cura efficace della salute mentale dei sopravvissuti traumatizzati in Italia. La scienza viene quindi in molti casi negata. A tal proposito, come sottolineato dal sociologo americano Kingsley Davis nel 1936, i metodi scientifici empirici possono smascherare le realtà del trattamento che sottolineano il dogma e l’ideologia che difende qualsiasi sistema di trattamento. Come David afferma nel suo saggio “Igiene mentale e struttura della classe”:

"L'igiene mentale nasconde la sua adesione dietro una facciata scientifica, ma le premesse etiche si rivelano su ogni mano, in parte attraverso la cecità di fatti scientificamente rilevanti ... Nella misura in cui l'igienista mentale mantiene il suo sistema etico ma manca di un'analisi scientifica completa del suo soggetto, non riesce a utilizzare i migliori mezzi tecnologici per il suo obiettivo di scienza applicata. Ma se rinuncia alle sue convinzioni etiche, è alienato dal movimento e soffre le restrizioni di una società indignata. In realtà, l'igienista mentale continuerà a ignorare il dilemma. Continuerà a essere inconsapevole dei suoi preconcetti di base nello stesso momento in cui continua a professare una conoscenza oggettiva. Considererà la sua mancanza di successo preventivo come un incidente, un ritardo e non come un destino intrinseco. Tutto perché la sua funzione sociale non è quella di uno scienziato ma quella di un moralista praticante in un mondo scientifico, mobile”.

La riforma psichiatrica italiana

Non può essere sottostimato come la riforma psichiatrica italiana abbia influenzato il giovane team dell’Harvard Program in Refugee Trauma (HPRT) nel suo lavoro clinico pioneristico sulla salute mentale dei rifugiati in America e in altri Paesi del Mondo.

La riforma italiana ha anche proposto la concezione della “seconda malattia”, la malattia causata dall’esclusione, dalla negligenza e dal maltrattamento dei pazienti. Infatti, questi medici pionieri ci hanno aiutato a non dimenticare che tutti i disastri naturali sono eventi politici – eventi che hanno un grande impatto sociale positivo e negativo, culturale e sulla salute dei sopravvissuti. Inoltre, le politiche di soccorso in caso di disastro di un paese o di una regione, possono causare nel tempo una sofferenza peggiore sul sopravvissuto (per esempio la “seconda malattia”) del disastro stesso.

La grande filosofia umanistica di Franco Basaglia focalizzata sul preservare e promuovere la dignità di tutti i pazienti con patologia mentale in contesti non stigmatizzanti, accudenti e ricostituenti, è stata un principio centrale per l’Harvard Italina Team. I riformisti italiani hanno negato il ruolo neutrale e apolitico garantito dalla psichiatria a quel tempo.

“E così abbiamo, da una parte, una scienza ideologicamente impegnata nella ricerca delle origini di una malattia che riconosce essere "incomprensibile" e, dall'altra, un paziente che, a causa della sua presunta "incomprensibilità", è stato oppresso, mortificato e distrutto da un sistema di asilo che, invece di servirlo nel suo ruolo protettivo d’istituzione terapeutica, ha, al contrario, contribuito alla disintegrazione graduale e spesso irreversibile della sua identità” (Franco Basaglia)

Trattamento scientifico e culturale

L’Italian National Trauma Center è anche impegnato ad offrire sul campo e a livello locale metodi clinici di diagnosi e trattamento culturalmente sensibili e scientificamente fondati (evidence-based). Queste sono definite come “Buone Prassi”. L’Harvard Italin Team ha tradotto in italiano e adattato i questionari Harvard Trauma Questionnaire (HTQ) Hopkins Symptom Checklist 25 (HSCL-25), così da poterli utilizzare rispettivamente nella valutazione del disturbo post-traumatico da stress e della depressione. INTC, inoltre, attraverso il suo coordinatore scientifico, Sonia Graziano, ha tradotto lo strumento di Harvard composto da 11 punti.

Lo strumento è disponibile per la formazione di medici di base, infermieri, psicologi che prestano servizio nelle aree dei disastri naturali. Questo è stato anche reso disponibile ai primi operatori italiani di Protezione Civile, Croce Rossa, Psicologi per i Popoli e altri gruppi umanitari.


Un pantheon di menti e cuori brillanti

L’Italian National Trauma Center ha impiegato tre decadi per la sua fondazione ufficiale e ora possiamo dire si sia finalmente realizzato. Un donatore anonimo e la National Italian American Foundation (NIAF) hanno generosamente supportato INTC. Il presidente, Giampiero Rosati, ha prestato servizio come dedito amministratore del team di Harvard nel corso degli ultimi vent’anni. Analogamente, la Dott.ssa Sonia Graziano è stata la coordinatrice scientifica di tutti i progetti sul trauma sviluppati dal gruppo americano dell’Università di Harvard.

L’Harvard Italian Team include numerosi professionisti illustri italiani e americani, medici esperti e psichiatri. Il nucleo del team di Harvard include Richard F. Mollica, James Lavelle, Maya Habboush e Eugene Augusterfer. Il nucleo centrale del team italiano include Giampiero Rosati, Sonia Graziano, Giovanni Muscettola, Giampaolo Nicolais, e Irene Toniolo. Il team è anche composto da una generazione di giovani professionisti che si stanno formando nell’area medica e nell’ambito della salute mentale, tra cui Sergio Lucchi, Caterina Nicolais, Francesco Rosati, e Chris Mollica.